mercoledì 19 settembre 2012

AAA RICERCA DI CHIARIMENTI SUL CANONE RAI

Il Regio Decreto Legge 246, del 1938, all'art. 1, così dispone "chiunque detenga uno o più apparecchi atti od adattabili alla ricezione delle radioaudizioni è obbligato al pagamento del canone di abbonamento, giusta le norme di cui al presente decreto".
Il canone RAI è riconducibile alla fattispecie dei tributi (imposta), così come dichiarato dalla Corte Costituzionale con sent. 284/2002.
Si ricordi che l' imposta è un tributo che, ai fini dell'applicabilità, presuppone il possesso di un bene.
Nel caso del canone Rai, il presupposto è rappresentato dal possesso di un apparecchio radiotelevisivo.
Tanto è vero che per sottrarsi dal pagamento dell'imposta è necessario far richiesta scritta alla Rai e dichiarare di non voler più possedere l'apparecchio...
Ciò considerato, lo scrivente si pone le seguenti domande:
1) Se il canone Rai ha natura di imposta, per quale ragione si continua a chiamarlo "abbonamento"? (al riguardo si veda );
2) L'abbonamento non presuppone un titolo contrattuale e conseguentemente l'applicazione delle norme in tema di resposabilità e di inadempimento? ;
3) Orbene, l'abbonamento Rai ha natura d'imposta, ma nel nostro ordinamento giurdico non vige la disposizione ex art. 53 Cost. secondo cui tutti devono contribuire alla spesa pubblica in ragione della loro capacità contributiva? Allora, mi pongo un altro quesito: ma il canone RAI varia in proporzione al reddito di ciascun contribuente o è lo stesso per tutti?
4) Ma allora, vorrei capire, posto che il canone rai ha la natura di imposta, significa che concorre alla spesa pubblica?
Scusatemi, ho le idee molto confuse.
Come dice zio Vasco "forse è meglio lasciare stare, forse è meglio che mi rimetto a dormire" (Vasco- Io non so più cosa fare)
Cordiali Saluti.
Giampiero Milone


Ascolta questo articolo:

lunedì 3 settembre 2012

Il ruolo dei Mass Media nella Società Italiana


di Giampiero Milone

L’indagine intende illustrare gli argomenti sottesi al ruolo dei mass media nella società italiana.

Il tema richiederebbe opportuni approfondimenti, ma lo scrivente s’impegna a fornire delle indicazioni con il suo personalissimo pensiero, avvalendosi del diritto di critica, costituzionalmente garantito.


Orbene, già Vasco nel lontano 1993 (aveva intuito tutto) cantava i riflessi che la televisioni avrebbe comportato sulla psiche umana “Oggi è la TV a dire se, se una cosa è vera o se hai sognato te” (“Non Appari Mai”). Vasco evidenzia come la televisione abbia la capacità di annebbiare la mente fino al punto di lasciarle i meccanismi decisionali.

Quante volte mia nonna (e non solo lei) sostiene “E’ così! L’hanno detto in televisione”.

Ancora, Renzo Arbore associa la televisione alla realizzazione sociale “Nella vita comandi fino a quando hai in mano il telecomando” (“Si la vita è tutta un quiz”). Il quadro non cambia se consideriamo i messaggi della televisione dal punto di vista politico e filosofico, infatti regna sovrana la tecnica dell’uno che parla a molti senza la possibilità che i molti possano contraddirlo.

E’ vero che esistono programmi che consentono la partecipazione del pubblico attraverso le telefonate in diretta o l’invio di e-mail. Tuttavia, anche tale sistema si mostra inefficace ove si consideri che le richieste di partecipazione non possono essere soddisfatte a causa delle esigenze di palinsesto, che impongono ai conduttori di concludere i programmi entro limiti temporali rigidi e definiti.

Ciò malgrado, la televisione potrebbe rivelarsi come uno strumento antidemocratico sia in virtù della tecnica “uno che parla a molti senza che i molti possano esercitare il diritto di replica”, sia nei casi di diffusione di programmi di parte .

Al riguardo, il Giudice Gennaro Francione sostiene che “in nessuna teoria democratica si mette in dubbio il fatto che una delle caratteristiche di una dittatura sia il monopolio dell'informazione" (cito Giovanni Sartori). 

Mussolini aveva capito l'importanza del monopolio dell'informazione per dominare l’Italia. Hitler teorizzò questo sistema in Mein Kampf, un cavallo di battaglia per quelle TV che oggi con messaggi martellanti cercano di imporre alla gente prodotti, avvenimenti, star, sorrisi smaglianti di politici intrallazzatori.…Un sistema intollerabile per un'autentica democrazia. (Gennaro Francione: Intervista pubblicata sul giornale ondine “La Vera Cronaca” Si rimanda al link per l’intera intervista http://www.laveracronaca.com/index.php/interviste/54-sutuazione-dei-mass-media ).

Gli ultimi anni hanno visto la diffusione di un altro strumento, sicuramente più democratico: il WEB. Infatti, la rete lascia la possibilità di replicare alle affermazioni ed ai pensieri altrui mediante il commento, quest'ultimo in pratica, lascerebbe spazio al contraddittorio che invece la televisione con “l’uno che parla a molti” non consente di realizzare.

Vasco conclude la sua canzone con “qui non esistono problemi, qui siamo tutti quanti uguali, qui siamo tutti belli e sani, e non c’è niente da pensare, qui basta solo lavorare e poi guardare la TV magari quello là in fondo sei tu…” (Non appari mai. Vasco Rossi).

No! Non siamo noi quelli là: NOI SIAMO QUELLI CHE DICIAMO NO, SPEGNENDO LA TELEVISIONE E ACCENDENDO LA PASSIONE…E IL LORO CERVELLO!



Ascolta questo articolo: