lunedì 2 luglio 2012

L’Italia ha perso, la festa è finita e adesso inizia il “gioco”

di Fabio Leli

L’Italia del calcio ha perso e per gli italiani è finita la festa, ossia è terminata la pausa dalla routine quotidiana. Adesso possono tornare a lavorare, a studiare, a produrre e a consumare. Cioè è possibile tornare alla normalità.

In tal senso, la presente analisi si è impegnata nell’osservare come la “festa” sia funzionale alla riproduzione dell’attuale forma sociale, quale strumento adatto alla costruzione della “normalità”, e di come invece sia possibile uscire da un sistema che divide il tempo semplicemente fra tempo di lavoro e tempo di non-lavoro (il tempo libero).

La festa è il luogo del rafforzamento del potere in quanto amministra il piacere in relazione all’organizzazione dei rapporti di produzione funzionali al consumismo di massa, ossia al consumo della morte
**. La festa diviene il luogo della trasgressione e della disobbedienza nei termini di evasione dalla produttività, ma essa è invece funzionale al consumismo perché insinua nel soggetto il desiderio del divertimento quale illusione di libertà.

Quindi, alla “festa” strumentale alla riproduzione sociale occorre privilegiare il “gioco” perché l’essere umano, in quanto animale sintattico, ossia dotato di linguaggio, è l’unico in grado di modellare il linguaggio, servendosi di pochi pezzi che possano essere messi insieme, in un numero infinito di modi, dando luogo a un numero indefinito di modelli di vita diversi.

Un importantissimo contributo lo ha fornito Thomas Sebeok ne Il gioco del fantasticare in quanto, sottolineando la peculiarità del linguaggio umano, ha sostenuto che gli esseri umani sono gli unici in grado di realizzare oltre alla loro realtà, come fanno gli animali, un numero infinito di mondi possibili, che si manifesta nella forma più creativa della realizzazione artistica. Le lingue stesse sono il risultato storico di “questo gioco del fantasticare”, del ricomporre; esse sono fondate sulla capacità di linguaggio e testimoniano ciascuna della sua capacità di costruzione di più mondi.

In tal senso, alla festa funzionale legata alla riproduzione dell’identico, che divide il tempo fra tempo di lavoro e tempo libero, il tempo autentico è quello liberato, cioè il tempo del “gioco”, il tempo disponibile per l’Altro, il tempo della dissidenza e della revisione dei luoghi comuni del discorso.


 ** “La morte è presa, nel discorso festivo (vedi 5.), come funzione conduttrice e regolatrice delle strutture, come ciò che fonda i rapporti di produzione e garantisce la stabilità delle omologie, e, nel discorso istituzionale, come condizione di un sacrario eterno del sapere, ovvero dell'ordine stabilito. La coppia "mondana" vita-morte, che instaura un sapere umano come armonico, è il sostegno principale di ogni cosmologia (L'Io e l'Es). Il potere del discorso si fonda sul funzionamento della morte: i regimi ne lasciano le impronte. Così, la ripartizione delle competenze prosegue e rafforza, occultandolo, il potere, la cui violenza si avvale dell'anonimato della legge. L'essere-per-la-morte costituisce l'imperativo stesso della verità segregativa.” A Verdiglione, Il godimento della materia, 1975, p. 109

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